A cura dell’Avvocato Annapaola Bausano
La sentenza n. 41238/2024 della Corte di Cassazione, sezione penale, rappresenta un cambiamento significativo dell’interpretazione del reato di omesso versamento dell’IVA.
Tradizionalmente, la giurisprudenza consolidata sosteneva che l’emissione della fattura comportava un obbligo incondizionato di versare l’imposta, anche se il corrispettivo non fosse stato incassato. Per vero nell’ultimo decennio le Corti territoriali hanno sviluppato, ai fini di mitigare le conseguenze penali del reato fiscale “meramente omissivo”, una nozione di forza maggiore tenendo conto di alcuni fattori reali dell’economia che facevano emergere una diffusa tendenza a pregiudicare l’erario a favore di dipendenti e fornitori, nell’ottica di sostenere la continuità aziendale anche in periodi di crisi.
La Corte di Cassazione non ha negato la configurabilità della forza maggiore quale elemento che incide sul dolo del delitto; tuttavia, ha sempre richiesto una prova adeguata. Valga quale paradigma la decisione n. 43913 del 13.10.2021 della terza sezione penale della Corte di Cassazione a mente della quale è pacifico che : “ …nei casi di omesso versamento dell’Iva, la crisi di liquidità possa assurgere a forza maggiore se l’imputato dimostri che le difficoltà finanziarie siano a lui non imputabili e che non possano essere fronteggiate con idonee misure, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale…” “… puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, attingendo anche il suo patrimonio personale, ritenendo insufficiente la rinuncia ai crediti nei confronti della società e gli sforzi di ricapitalizzazione effettuati, perché́ mai indirizzati a consentire il pagamento dei debiti tributari”.
Sul versante civile, la Corte di Cassazione si è attenuta,se possibile, a criteri ancor più restrittivi, posto che la “rimproverabilità” in quella sede si collega anche a mera colpa. E quindi ancor più pregnante è la prova positiva di aver adottato le cautele necessarie ad evitare la verificazione dell’evento giuridico dello “omesso versamento”, che non le compete.
In termini generali, questa Corte ha già̀ deciso che l’art. 5 d.lgs. n. 472 del 1997, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’art. 3 L. n. 689 del 1981, stabilisce che, ai fini dell’applicazione delle sanzioni, non è sufficiente la mera volontarietà̀ del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. È, comunque, sufficiente la coscienza e la volontà̀ della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza (Cass. penale n.2139/2020).
Peraltro, le SS.UU. con la decisione n. 37424/13, affermando che il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000), si pone in rapporto di progressione illecita con l’art. 13, comma primo, d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce con la sanzione amministrativa l’omesso versamento periodico dell’imposta entro il mese successivo a quello di maturazione del debito mensile IVA, hanno anche precisato che: “Non può̀ essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta protrattasi, in sede di prima applicazione della norma, nella seconda metà .. (Cassazione, sezione civile, ordinanza 15415 2021 3.6.2021).
Ebbene la riforma Fiscale e le disposizioni del D.lgs. n. 87/2024, introducono la “tipizzazione” normativa delle condizioni economiche nelle quali l’impresa opera e in particolare i fattori che determinano l’omissione, quale parte della fattispecie penale che incide sulla “rimproveabilità” della condotta di per sé sussumibile in elemento materiale del reato.
Il recente d.lgs. n. 87 del 14/06/2024, intervenendo sull’ art. 13 D.lgs. n. 74 del 2000 ha introdotto (con il nuovo comma 3-bis) una ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui dagli artt. 10-bis e ter del medesimo decreto, “se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso
dell’imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al
superamento della crisi”.
La Cassazione, quindi, rammenta ai giudici che le argomentazioni difensive riguardanti il mancato pagamento dell’IVA, specialmente quando queste dimostrano una situazione di crisi di liquidità che esula dalla normale gestione aziendale sono ora un fatto normativo di cui tenere conto e non più mera elaborazione della giurisprudenza.
Nel caso specifico la Corte d’Appello di Napoli aveva confermato la condanna basandosi sull’indirizzo interpretativo conforme nella giurisprudenza civile secondo cui l’obbligo di versare l’IVA sussiste indipendentemente dall’incasso delle fatture; tant’è che in sede tributaria il mancato incasso per inadempimento non è mai stata di per sé causa di esclusione della colpa.
La Corte di legittimità in applicazione delle nuove norme ha riconosciuto la necessità di considerare le deduzioni difensive relative all’impossibilità concreta di adempiere ai versamenti a causa del mancato pagamento da parte dei committenti, riflettendo un’evoluzione nel diritto positivo che richiede un esame più approfondito delle circostanze effettive del caso muovendo dalla “mera” causa di esclusione dell’elemento psicologico a causa di esclusione della punibilità tipica.