A cura dell’Avvocato Marco Napolitano
L’Ufficio del Massimario, dolendosi della mancanza di una specifica disciplina inerente i giudizi pendenti in sede di Legittimità, nel documento fa analitica elencazione delle conseguenze immediate della sospensione della attività giudiziaria sui processi penali, sia con riguardo al differimento delle udienze, sia con riferimento ai limiti e alle modalità della trattazione dei procedimenti non rinviabili.
Occorre chiarire che trattandosi di provvedimenti legislativi adottati in via di urgenza, sembra lecito che questi deleghino la organizzazione degli Uffici Giudiziari a chi ne sia amministratore e meglio ne conosca i carichi di lavoro.
In via generale l’art. 83 co. 1 del d.l. 18/2020 dispone il rinvio di tutte le udienze (civili e penali fatte salve alcune eccezioni) a data successiva al 15.4.2020; la norma non precisa le modalità di effettuazione del rinvio, ma come rileva anche l’Ufficio del Massimario è lecito ritenere che in un momento storico in cui non sono consentiti gli spostamenti sul territorio, dovrebbero essere comunicati dalle cancellerie fuori udienza, a mezzo pec ai difensori, come da prassi adottata in (quasi) tutti i Tribunali territoriali.
Prima questione che si affronta – rispetto ai giudizi di Legittimità – è la necessità di raccordare la previsione contenuta all’art. 83 co. 2, ai cui sensi “quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto”, con l’art. 610 co. 5 c.p.p. che impone un termine di 30 giorni prima dell’udienza per la comunicazione alle parti della trattazione del ricorso, e con l’art. 611 co. 1 c.p.p. che disciplina i termini per il deposito dei motivi nuovi e delle memorie di replica (fino a quindici giorni prima dell’udienza nel primo caso e cinque nel secondo).
Si dice dunque (ndr correttamente) che tale prima questione trova una efficace soluzione nel decreto n. 36/20 del Primo Presidente che dispone il rinvio di ufficio e fuori udienza di tutti i processi ricadenti nel periodo di sospensione, a data successiva al 31.5.2020, consentendo così di rispettare i termini sopra richiamati in ogni caso, a prescindere dalla necessità, che si tratti di udienza pubblica, camerale, camerale non partecipata o de plano e dalla circostanza che il termine a ritroso sia decorso in tutto o in parte, o non sia spirato.
Le distinzioni operate nella ipotesi sopra menzionata, ovvero quelle relative all’essere decorso (in tutto o in parte, fruttuosamente e non) o meno del termine di cui all’art. 611 co. 1 c.p.p., potrebbe relegarsi a mera questione organizzativa interna della Corte.
Ciò che è certo è che le udienze devono essere oggetto di rinvio ancorché non ricadano nel periodo interessato dalla sospensione – siano cioè originariamente fissare oltre il 15.4 –, se in detto periodo scadono i termini con computo a ritroso per il compimento di adempimenti strumentali.
Sempre mediante il decreto 36/20 del Primo Presidente è stata anche espressamente prevista la facoltà per i difensori di inviare a mezzo PEC motivi aggiunti o memorie, con riguardo ai procedimenti da trattare nel periodo intercorrente tra il 23.3.2020 ed il 31.5.2020. Tale disposizione potrebbe essere un monito per il futuro non rappresentando un rischio, a parere di chi scrive, rispetto allo spettro della dematerializzazione del processo che oggi preoccupa quasi alla stregua del covid_19.
Rispetto al tema della sospensione dei termini di cui all’art. 83 co. 2 il documento si limita unicamente a statuire che la norma determina una ricaduta sui termini per proporre il ricorso, di cui si dovrà tener conto nella valutazione della tempestività nei futuri procedimenti.
Essa invero dispone che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”, e più specificamente che si intendono sospesi i termini “… per le impugnazioni”, e “in genere, tutti i termini procedurali”. Infine che “ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo” (cioè dal 16 aprile 2020). La sospensione dei termini non comporta alcuna complicazione con riferimento alla adozione e al deposito dei provvedimenti giudiziari; attesa la possibilità di depositare da remoto le minute delle sentenze in ossequio al provvedimento organizzativo adottato in data 19.3.2020 dalla Prima Presidenza.
Venendo ai procedimenti indifferibili per legge o su richiesta di parte, l’art. 83 co. 3 stabilisce che la sospensione dei termini e il rinvio d’ufficio delle udienze di cui ai commi 1 e 2 non operano per i procedimenti di convalida dell’arresto o del fermo; per i procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all’articolo 304 c.p.p.; per procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive.
Inoltre, la sospensione dei termini e il rinvio d’ufficio delle udienze non operano, “quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda” per: a) procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354; b) procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza; c) procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione;
Rileva l’Ufficio del Massimario che quanto alla lett. a) deve escludersi che il riferimento a “procedimenti a carico di persone detenute”, includa anche i detenuti cd. “per altro”; che nella dizione “misure cautelari” vadano ricomprese tutte le misure cautelari personali e reali; infine che la richiesta per la trattazione del procedimento non presuppone una preventiva informazione al detenuto e al suo difensore, trattandosi dell’esercizio di una facoltà di legge che essi sono tenuti a conoscere.
Si rileva poi che la assenza di una prescrizione in ordine al termine entro cui le parti possano avanzare la richiesta di trattazione pone il problema di consentire agli uffici giudiziari di predisporre la necessaria organizzazione dell’udienza anche nell’imminenza della sua celebrazione.
Il Consiglio Superiore della Magistratura ha peraltro esortato i Capi degli Uffici giudiziari a valutare la possibilità di acquisire, tramite interlocuzione con il foro, la richiesta con anticipo rispetto alla data fissata in modo da poter organizzare la videoconferenza, auspicando, quindi, una richiesta in tal senso della cancelleria. Una misura che sebbene dettata dalle conclamate esigenze sanitarie non prende in considerazione la presenza dell’imputato in aula.
Anche in tale caso il decreto n. 36/20 ha previsto che la richiesta di trattazione del procedimento doveva essere formulata dalla parte interessata entro il termine di tre giorni, decorrente dalla data di pubblicazione del decreto sul sito della Corte (16.3.2020, sicché il termine scadeva il 19.3.2020), da inoltrarsi anche via PEC alla cancelleria della Sezione dinanzi alla quale è fissata l’udienza. Si tratta di una norma integrativa del precetto normativo, che ha il dichiarato fine di consentire alle Sezioni, si dice, di avere contezza di quali e quanti procedimento dovranno essere trattati nel periodo di sospensione, adottando i provvedimenti conseguenti in ordine alla composizione dei collegi, alla partecipazione del PG ed all’assistenza.
Si rileva poi che la previsione di un ristretto termine, indicato in un provvedimento organizzativo pubblicato sul sito della Corte, potrebbe determinare la presentazione di istanze di trattazione “tardive” di cui andrà comunque verificata la accoglibilità.
Potrebbe dunque porsi il problema dell’efficacia preclusiva del termine previsto per la presentazione delle istanze, mancando una specifica previsione normativa che consenta di dichiarare la tardività delle istanze pervenute oltre il limite dei tre giorni, e si ipotizza che esse non siano accoglibili essendo il rinvio stabilito ex lege e costituendo la richiesta di trattazione un’eccezione rimessa all’iniziativa della parte interessata. Ciò tuttavia concretizzerebbe una lesione del diritto di difesa che sanzionerebbe la presunta inerzia della parte che, seppur non violando alcuna disposizione normativa, non consentirebbe la corretta organizzazione delle udienze alla Corte.
Rispetto al caso in cui si versi in ipotesi di procedimento con più imputati e solo uno o alcuni dei detenuti avanzino richiesta di trattazione, si ritiene che l’esigenza di tutelare la salute pubblica può impedire di far partecipare al giudizio imputati, anche detenuti, che non abbiamo richiesto di evitare il differimento. Non si estende dunque a tali ipotesi l’indirizzo giurisprudenziale che si è formato in tema di legittima astensione dalle udienze dei difensori e che permette la trattazione del giudizio anche nel caso in cui uno solo di essi non aderisce alla richiesta di rinvio.
Per quanto concerne, infine, le modalità di svolgimento delle udienze pubbliche, l’art. 83 co. 7 rispetto procedimenti insuscettibili di rinvio, e a quelli che verranno trattati nel periodo successivo alla sospensione, stabilisce la possibilità per i capi degli uffici giudiziari di adottare una serie di cautele improntate a mantenere misure di “distanziamento sociale”, assume rilievo sul tema la previsione di cui alla lett. e), che prevede la possibilità di tenere le udienze pubbliche “a porte chiuse”, in applicazione del principio generale dettato dall’art. 472 co. 3 c.p.p. Nulla questio.
Secondo l’art. 83 co. 4, nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi dell’art. 83 co 2, (e che non rientrano, ex art. 83 co. 3, tra i procedimenti in cui per legge o su richiesta di parte i termini non sono sospesi), sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, tanto il corso della prescrizione, quanto i termini di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p.
Da questa norma si desume che i cd. termini di fase delle misure cautelari sono sospesi e che è sospeso anche il termine della durata complessiva della custodia cautelare, mentre, come è stato già indicato sopra, dall’art. 83 co. 4 risulta che il termine massimo della custodia cautelare ex art. 304 c.p.p. non è sospeso, tanto che il procedimento in cui tale termine dovesse venire a scadenza nel periodo compreso dal 9.3 al 15.4 deve essere trattato per legge.
La norma in esame, pur richiamando genericamente l’art. 304 c.p.p., dovrebbe interpretarsi nel senso che non sono sospesi esclusivamente i termini di durata massima della custodia cautelare previsti dal comma 6 dell’art. 304 c.p.p., atteso che le previsioni precedenti non concernono la durata della misura, ma disciplinano ulteriori ipotesi di sospensione.
La sospensione dei termini cautelari di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p. è disposta dal decreto legge “per la stessa durata”, cioè per il periodo compreso “dal 9.3.2020 al 15.4.2020”.
Il d.l. n. 18 del 2020 circoscrive la sua applicabilità al primo periodo di sospensione fino al 15.4.2020, e fornisce anche indicazioni rispetto alla graduale ripresa dell’attività giurisdizionale. Precisa al co. 7, che i capi degli uffici, al fine di garantire il contrasto all’epidemia, “possono” adottare ulteriori misure, tra le quali la lett. g) contempla la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30.6.2020, con le eccezioni indicate al co. 3.
La norma viene descritta come di non è di agevole interpretazione laddove non chiarisce se il riferimento alle “eccezioni indicate al comma 3” faccia riferimento alle tipologie di procedimenti contemplati, ovvero richiami anche i presupposti per la loro trattazione con particolare alla “espressa richiesta dell’interessato”.
Si prospettano due soluzioni: 1) il generico riferimento ai procedimenti indicati al comma 3 indica solo la tipologia e quindi l’oggetto del procedimento; in quest’ottica la richiesta espressa sarebbe necessaria nel solo periodo fino al 15.4.2020 e non anche in quello successivo ed ai fini del differimento a data successiva al 30 giugno 2020. Ne conseguirebbe la indifferibilità dei procedimenti per i quali non sia stata formulata richiesta di trattazione dopo il 15.4.2020; 2) il richiamo ai procedimenti indicati al co. 3 concerne l’intera disciplina ivi prevista, sicché, anche dopo la sospensione ex lege prevista fino al 15.4.2020, la trattazione dei procedimenti con detenuti potrebbe essere differita a data successiva al 30 giugno 2020, sempre che non intervenga una espressa richiesta di trattazione.
L’Ufficio del Massimario propende per tale soluzione, che definisce maggiormente conforme alla ratio della decretazione d’urgenza.
Collegato alla soluzione interpretativa della sopra citata norma è l’esame della disposizione di cui all’art.83 co. 9.
La norma prevede che la durata della sospensione possa essere ulteriormente ampliata, in conseguenza della sospensione dei termini per l’adozione della decisione di determinate procedure cautelari.
Invero il corso della prescrizione e i termini di cui agli artt. 303, 308, 309 co. 9, 311 co 5 e 5-bis e 324 co. 7, c.p.p. e agli artt. 24 co. 2, e 27 co. 6 del d. lgs. 159/2011 rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lett. g), e, in ogni caso, non oltre il 30.6.2020.
Salva restando la verifica in ordine alla possibilità o meno di rinviare i procedimenti con detenuti a data successiva al 30.6.2020, a seconda della diversa lettura che si dia dell’art.83, comma 7, lett. g), pare certo che la sospensione della prescrizione e dei termini indicati al comma 9 non operari oltre il 30.6.2020.
Si potrebbe sostenere, in definitiva, che dalla lettura congiunta degli artt. 83 co 4, 7 lett. g), e 9, deriverebbe che fino al 15.4.2020, in forza dell’art. 83 co. 4, sono sospesi la prescrizione e i termini di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p., non è sospeso il solo termine di cui all’art. 304 co. 6 c.p.p.; nel periodo tra il 16.5 e il 30.6. 2020 permarrebbe la sospensione della prescrizione e dei termini di cui all’art. 83 co. 9; dopo il 30.6.2020 – a prescindere dalla verifica in ordine alla possibilità ed alle condizioni per il rinvio dei procedimenti ai sensi dell’art. 83, comma 7, lett. g) – riprenderebbe l’ordinaria decorrenza sia della prescrizione che dei termini di fase per le misure cautelari e dei termini processuali per le decisioni ad essere relative.